Andrea Gaggi – Consulente finanziario – Via Lungo Mallero Diaz, 34/B- 23100 Sondrio (SO) – Cell. +39 340 6097806 – info@andreagaggi.com

I 4 insegnamenti che ci ha lasciato il 2018

Si è da poco concluso uno degli anni più difficili nella storia dei mercati finanziari, non tanto per il valore assoluto dei cali, quanto invece per l’enorme numero di assett class coinvolte. Uno studio condotto da Deutsche Bank ha evidenziato come nello scorso anno oltre il 90% degli investimenti abbia perso valore. Il paradosso è che tutto ciò è avvenuto mentre si susseguivano notizie di miglioramento congiunturale, con fondamentali di molte economie decisamente positivi ed in miglioramento.
Cosa abbiamo quindi imparato da questo difficile anno?

1. Ciò che sale naturalmente deve scendere prima o poi

Ciò che sorprende, è che molti investitori siano stati sorpresi dalla cosa, come se fosse strano o la prima volta che avvenisse.
Nel 2018 questa dinamica si è verificata con forza in due occasioni: a febbraio, quando la volatilità è improvvisamente esplosa, contagiando sia azioni che obbligazioni, e ad ottobre quando le preoccupazioni legate ai trattati commerciali Cina-USA sono divenute il pretesto per una significativa correzione dei listini.
Ci sarà sicuramente volatilità anche nel 2019, quindi niente panico!

2. Le tecniche usate per limitare i danni non hanno funzionato

Nel 2018 i bond governativi e le valute non hanno riparato gli investitori dalle tempeste che erano in corso sul mercato azionario.
Le correlazioni alle quali eravamo abituati, che permettono di proteggere i portafogli di investimento, sono crollate anche se nessuno sa spiegarsi perché. Né i bond governativi americani, né lo yen e nemmeno il franco svizzero, tradizionali rifugi in tempi di tempesta, hanno beneficiato dei deflussi avvenuti sul mercato azionario.
La motivazione? Come detto, nessuna razionale. La più logica sentita sui mercati è stata che il potere delle negoziazioni non sia più un monopolio delle banche, ma oggi appartenga anche a società private e ad algoritmi dei sistemi automatici di trading.
Nuovi occhi e nuovi operatori possono ragionare in maniera differente dal passato e mettere momentaneamente fuori gioco le strategie di difesa.

3. Le questioni politiche sono fondamentali

La figura più ricercata dai fondi di investimento è diventata l’analista politico. Può sembrare strano ma i mercati finanziari negli ultimi 12 mesi sono stati influenzati molto di più dalle vicende politiche rispetto al reale andamento dell’economia e delle aziende. Basta pensare al caos che si è generato sui titoli governativi italiani a seguito della formazione del nuovo governo, ma la stessa cosa è avvenuta in Turchia con conseguente crollo della Lira o con l’infinita questione Brexit, ancora lontana dalla sua conclusione.
Ad esempio, gli analisti finanziari affermano che attualmente la sterlina è parecchio sottovalutata, quindi rappresenta un’ottima occasione di acquisto. Molti investitori restano però lontani finché non vi sarà più chiarezza sull’esito Brexit. Ecco che prevedere correttamente l’andamento delle future vicende politiche, potrebbe portare grandi benefici a chi ha investito in tale direzione.

4. Sta finendo l’epoca dei tassi bassi

Dopo dieci anni di soldi facili da parte delle banche centrali, i cordoni della borsa si stanno stringendo.
La FED ha alzato più volte i tassi di interesse nel corso dello scorso anno. Ha ragione chi sostiene che l’abbia fatto troppo? Si fermerà o continuerà con ulteriori rialzi? Quali saranno le ripercussioni sull’economia americana?
In Europa si crede che l’uscita della BCE dal comprare bond governativi sarà invece più dolce e ben gestita. Chi avrà ragione?

Sarà il 2019 a dircelo…

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